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Sant'Ambrogio
vescovo
e dottore della Chiesa
(solennità: 7 dicembre)
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Curioso che il più milanese dei Santi proprio Milanese non fosse. Ambrogio diventò Milanese d'adozione, perché trasferitosi qui "per lavoro"; certo è che la sua attività e il suo carisma ne fecero un simbolo della città, tutt'ora vivissimo dopo
quasi sedici secoli.
Accanto al titolo è il lato anteriore del Gonfalone del Comune di Milano, custodito nel salone di rappresentanza di Palazzo Marino (la sala Alessi);
vi campeggia la figura di Sant'Ambrogio.
Ambrogio nacque fra il 335 e il 339 da genitori appartenenti a due importanti famiglie romane ad Augusta Treverorum dove il padre era Prefetto Pretorio dell'Impero Romano.
Augusta Treverorum è l'odierna Trier, città tedesca nella valle della Mosella ricca di vestigia romane; all'epoca era la capitale delle Gallie,
cioè di una delle quattro Prefetture nelle quali era diviso l'Impero Romano. Il Prefetto Pretorio ne era la massima autorità e il territorio sul quale la esercitava era
vastissimo, abbracciando le odierne Francia, Spagna, Inghilterra e una porzione di Marocco, oltre alla valle tedesca della Mosella.
Quando il padre morì, Ambrogio e i due fratelli maggiori (Marcellina e Satiro,
entrambi Santi) seguirono la madre che rientrò a Roma. Con quella famiglia, Ambrogio fu indirizzato ai migliori studi perché si avviasse alla carriera amministrativa
nell'impero.
Ancora giovane infatti fu magistrato per cinque anni a Sirmio (l'attuale Sremska Mitrovica, nell'odierna Vojvodina, in Serbia), dopodiché fu nominato governatore prima della Liguria, poi dell'Emilia. Ovunque mostrò grandi doti di equilibrio e grandi capacità di mediatore nel dirimere controversie.
Finalmente la sua brillante carriera pubblica lo portò a Milano, sempre con l'incarico di governatore e anche qui conquistò la stima di tutti in particolare per la sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici.
Ariani erano i seguaci della dottrina che negava la natura
divina del Cristo ("della
stessa sostanza del Padre").
Nell'anno 374, alla morte del vescovo Aussenzio (ariano),
Ambrogio fu acclamato come suo successore. Leggenda vuole che fu un ragazzino che nel bel mezzo di un'assemblea
lanciò per primo il grido "Ambrogio vescovo", seguìto dalla massa; più realisticamente si può ritenere che la scelta di Ambrogio scaturì da trattative soprattutto fra le due fazioni di ariani e cattolici.
La storia ci dice che Ambrogio fosse contrario ad accettare
la nomina, ben conscio che la sua preparazione era di tutt'altra natura;
manco sapeva nulla delle Scritture e oltre tutto era ancora catecumeno.
Tentò perfino di fuggire, ma alla fine vinsero le insistenze della città; quanto al Battesimo si rimediò il 30
novembre e già il 7 dicembre fu ordinato vescovo (giorno nel quale
viene ricordato). (a fianco: mosaico nella Basilica di Sant'Ambrogio, a Milano)
Quelli di Corbetta raccontano che Ambrogio, in fuga dalla
città, fu raggiunto dai Milanesi mentre lui stava incitando a gran
voce la sua mula Betta perché corresse di più: "cur, Bèta! Cur,
Bèta!". E così quel luogo fu chiamato Corbetta.
I Corbettesi la raccontano come cosa certa, al punto che in quel luogo - il quartiere Isola - hanno edificato una piccola chiesa alla memoria del Santo. "Tolto dai tribunali e dall'amministrazione pubblica -
ebbe a dire - per dedicarmi all'episcopato, ho dovuto cominciare a
insegnare ciò che non avevo mai imparato".
E si mise alacremente a studiare, dedicandosi con grande impegno alla lettura delle Scritture e allo studio dei Padri e dei Dottori della Chiesa; tra
questi sarebbe successivamente stato incluso anche lui, e con lui il più vicino dei suoi discepoli, quell'Agostino da Tagaste che
poi sarà Sant'Agostino.
Tagaste è l'odierna Souk Ahras, città algerina presso il confine con la Tunisia (curiosità: il suo nome significa "mercato dei leoni", con riferimento ai leoni berberi che vivevano nella zona fin verso il 1930).
In tutto i Dottori della Chiesa cattolica sono trentasette; ultimo, dal 21 gennaio 2022, Sant’Ireneo di Lione (vissuto fra il 130 e il 202, nativo di Smirne, poi vescovo di Lione).
Diventato vescovo, decise di rompere con il passato.
Donò i suoi averi ai poveri e alla Chiesa, tenendo per sé solo una piccola parte per
poter provvedere alla sorella Marcellina.
L'opera di Ambrogio fu molto vasta, profonda e importante, come importante fu la sua attività
soprattutto in quanto vescovo della città, che era anche residenza dell'Imperatore Teodosio I sulla politica del quale influì non poco (questi fu firmatario dell'Editto di Tessalonica che il 27 febbraio 380 sancì il
Cristianesimo come religione di stato). Non tutto liscio, però; Ambrogio
dovette fare muso duro proprio all'Imperatore quando questi si rese responsabile di una feroce strage della popolazione di Tessalonica (oggi: Salonicco, in Grecia); il vescovo ritenne pubblicamente responsabile l'Imperatore dal quale pretese ed ottenne una pubblica penitenza
per quasi tre mesi prima di perdonarlo e riammetterlo ai Sacramenti.
Una massima di Sant'Ambrogio: Sono i Vescovi che devono giudicare i laici, e non il contrario (e fra i laici metteva, per primo, l'Imperatorre). Un'altra: L'Imperatore è nella Chiesa, non al disopra della Chiesa.
Il mondo dell'arte ha immortalato
lo scontro vescovo-imperatore in diverse celebri opere nelle quali Ambrogio impedisce all'Imperatore di entrare in chiesa; in realtà lo scontro si consumò con lettere e tramite intermediari.
a sinistra: Camillo Procaccini, Milano, Basilica di Sant'Ambrogio (Cappella della Deposizione) a destra: Antoon van Dyck, Londra, National Gallery Lo stesso scontro è narrato in una formella di bronzo
di una delle porte del Duomo Documenti notevoli sono i commentari sulle Scritture, i
trattati sulla morale, i testi liturgici; ovviamente è considerato il padre della liturgia ambrosiana
la cui validità superò anche l'esame del Concilio di Trento, durante il
quale furono soppressi tutti i riti occidentali diversi da quello
romano, con l'unica eccezione di quello ambrosiano.
Ad Ambrogio vengono ascritti alcuni inni, cioè canti che - a
differenza dei salmi - vengono cantati da tutta l'assemblea presente ai
riti; a parte l'essere autore di alcuni testi è sua l'impostazione della
partecipazione di tutti. I suoi inni sono tutti di otto strofe con versi
ottosillabici. Egli vedeva in questo numero la risurrezione di Cristo,
la novità cristiana e la vita eterna, (octava
dies, l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in
cui inizia l'era del Cristo); questa predilezione per il numero otto fa
sì che gli storici gli neghino la paternità dei
testi che non hanno queste caratteristiche.
Ambrogio si spense il 4 aprile del 397, Sabato Santo. La sua memoria è
fissata al 7 dicembre, giorno della sua ordinazione quale vescovo di
Milano. Le sue spoglie sono custodite in una preziosa urna nella cripta
della Basilica intitolata al suo nome; con lui sono San Gervasio e San
Protasio, i due martiri dei quali Ambrogio aveva fatto solennemente traslare
qui i corpi nel 386. Prima di morire aveva indicato il suo successore
sulla Cattedra di Milano in San Simpliciano (memoria 14 agosto).
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Sant'Ambrogio è patrono "naturalmente" di Milano (ed altri
luoghi) ma anche dei Prefetti italiani, essendo stato lui stesso
prefetto e figlio di prefetto
(anche se in quell'epoca l'incarico era ben diverso da quello che è oggi).
Al Santo Patrono è intitolata la più nota onorificenza
milanese, l'Ambrogino d'Oro (nome non ufficiale ma usatissimo),
assegnata ogni anno in due categorie: medaglia d'oro (massimo 30) e
attestati di benemerenza (massimo 40). I premiati sono scelti
dall'Ufficio di presidenza del Consiglio Comunale di Milano con diritto
di veto per il sindaco. Ovviamente la consegna avviene il 7 dicembre.
Ambrogino d'Oro si chiama anche (stavolta in modo
"ufficiale") una rassegna canora per bambini, di tradizione più recente
e non sempre svolta.
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L'immagine a sinistra del titolo riproduce il Gonfalone del Comune di Milano, con la grande figura di Sant'Ambrogio. Allo stemma della città (la croce rossa in campo bianco) è riservato un piccolo spazio in alto (e uno maggiore sul verso del gonfalone, assieme al "biscione" dei Visconti).
Spazio ancora più modesto è riservato ad un altro simbolo della città, in quel cerchietto bianco ai piedi del santo che nell'immagine quasi non si vede. Vi si trova la scrofa semilanuta, un vecchio simbolo locale al quale si fa risalire l'origine del nome della città. La faccenda viene fatta risalire al re gallo Belloveso
(600 a.C.) che vide una scrofa di cinghiale coperta di pelo folto fino a metà del corpo (semilanuta), lo stesso animale che campeggiava sul suo scudo; dalla definizione di semilanuta, o anche mediolanuta,
i Galli battezzarono il luogo Mediolanum. È lo storico
romano Tito Livio che ci racconta questa storia, anche se in verità
sembra davvero strano che una tribù di barbari abbia "inventato" un
nome latinizzato. E infatti esistono almeno altre tre o quattro
ipotesi, meno suggestive, sull'origine del nome della città.
Il primo gonfalone della città di Milano giunto a noi è un
grande arazzo che raffigura Sant'Ambrogio munito di una sferza in atto
di cacciare gli Ariani. In basso sono riportati sei piccoli scudi delle
"porte" della città e lo scudo della città (tre volte); ai lati sono
raffigurati alcuni episodi della vita del santo.
Questo enorme gonfalone (m. 3,57 x 5,20, cioè undici volte i gonfaloni di oggi) fu realizzato per desiderio del
vescovo Carlo Borromeo da Giuseppe Arcimboldi, Giuseppe Meda, Scipione
Delfinone e Camillo Pusterla e fu portato in processione per la prima
volta il 2 giugno 1566 (Pentecoste). Dopo diversi restauri ora è
custodito nella Sala del Gonfalone del Castello Sforzesco.
Naturalmente nella storia di Milano c'erano state altre
insegne, tutte andate perdute, ma le cronache ci dicono che anche in
quelle il Santo Patrono non mancava di figurarvi (compreso il gonfalone
del famoso Carroccio della Battaglia di Legnano combattuta nel 1176 contro Federico Hohenstaufen "il Barbarossa").
In Duomo, nel coro ligneo, una settantina di pannelli intagliati raccontano la vita e le opere di Ambrogio, un'opera bellissima voluta dal vescovo Carlo Borromeo (anni 1567/1614)
E da noi? Sappiamo che vecchi documenti (... molto vecchi) citano la Parrocchia
di Cornaredo come intitolata a Sant'Ambrogio, o quantomeno "anche" a Sant'Ambrogio in unione con i Santi Giacomo e Filippo. Il perché non si sa; cose troppo vecchie e troppo poco documentate.
Di certo sappiamo che nella chiesetta di Sant'Apollinare fra gli affreschi di Sant'Antonio Abate e di San Giovanni Battista ve ne era uno che raffigurava Sant'Ambrogio, andato purtroppo completamente perduto.
Ma anche ora il Santo è presente nella parrocchiale. Uno dei quattro busti argentati di vescovi che vengono esposti sull'altar maggiore in occasione di talune feste e solennità contiene una sua reliquia (gli altri tre contengono reliquie di
San Carlo e Sant'Eustorgio, anch'essi vescovi milanesi e di San
Bartolomeo, apostolo; tutti affidati alla Parrocchia il 30 agosto 1867).
Non solo: per le solennità maggiori (Natale, Pasqua, anniversario della
Dedicazione della chiesa) sull'altare vengono poste statue argentate a
figura intera contenenti reliquie di Sant'Ambrogio, San Carlo, San
Francesco di Sales e Sant'Eugenio, questi presenti in Parrocchia dal 30
agosto 1910).
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I documenti di "autentica" delle reliquie, rilasciati dall'Arcivescovo Carlo Andrea Ferrari (Beato) il 30 agosto 1910 per le statue [vedi] e
dall'Arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana il 30 agosto 1867 per i busti [vedi] sono di per sé documenti importanti.
A fianco e sotto: il busto di Sant'Ambrogio e la sua collocazione, con gli altri, sull'altar maggiore (in Parrocchia da oltre centocinquantasette anni). |
settembre 2011 (pag. 3007) |
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