Sant'Antonio abate, da non confondere con Sant'Antonio di Padova (che poi era portoghese di Lisbona dove si chiamava Fernando), è uno dei più illustri eremiti della storia cristiana.
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Nell'iconografia è raffigurato circondato da donne procaci (simbolo delle tentazioni) o animali domestici (come il maiale), di cui è popolare protettore.
Nacque a Coma (attuale Qumans, provincia di Beni Suef,
un centinaio di chilometri a sud del Cairo), attorno all'anno 250 (cioè allincirca millesettecentosettantaquattro anni fa), figlio di agiati agricoltori cristiani.
Verso i vent'anni, rimasto orfano, seguendo l'esortazione evangelica "Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri" (Mt 19,21), distribuì ai poveri tutti i suoi beni e si ritirò a vita solitaria come già altri anacoreti facevano nei deserti attorno alla sua città, vivendo in preghiera, povertà e castità; malgrado la sua vita ascetica viene considerato il caposcuola del Monachesimo, sostenne i confessori della Fede durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, e sostenne sant’Atanasio (vescovo di Alessandria d'Egitto e suo biografo) nella lotta contro gli ariani.
Si racconta di una sua visione in cui un eremita divideva il tempo tra la preghiera e l'intreccio di una corda. Era un angelo che così gli fece capire di doversi dedicare a un'attività concreta, oltre che alla preghiera, anticipando di un paio di secoli la regola benedettina "ora et labora" (= prega e lavora). Così ispirato condusse da solo una vita ritirata,
nella quale i frutti del suo lavoro gli servivano per procurarsi il cibo e per fare carità. In questi primi anni fu molto tormentato da tentazioni fortissime, mentre molti dubbi lo assalivano sulla validità della sua vita solitaria.
Malgrado si fosse poi ritirato in una antica tomba scavata nella roccia, molta gente si rivolgeva a lui per un aiuto o un conforto, ma al tempo stesso turbava il suo raccoglimento, sicché si spostò verso il Mar Rosso, in una fortezza abbandonata e infestata dai serpenti, dove rimase una ventina d'anni.
Anche qui lo raggiunsero molte persone che volevano dedicarsi alla vita eremitica; Antonio cominciò a consolare gli afflitti ottenendo dal Signore guarigioni, liberando gli ossessi.
Istruì anche nuovi discepoli che diedero vita a due monasteri, nei quali ogni monaco aveva la sua grotta solitaria, ubbidendo però ad un padre spirituale (abbà = padre).
Ma erano troppi anche i semplici curiosi che si recavano da lui, sicché si ritirò nel deserto della Tebaide (alto Egitto) dove visse fino alla morte, avvenuta
in una grotta del monte Qolzum il 17 gennaio del 356 (all'età di 106 anni, più o meno) e fu seppellito in un luogo segreto. Il 17 gennaio si celebra la ricorrenza del Santo.
Nel 561 (ormai millequattrocentosessantatre anni fa) il suo sepolcro fu scoperto e le sue reliquie iniziarono a "viaggiare" arrivando infine a Motte-aux-Bois,
in Francia, dove fu costruita una chiesa in suo onore, e dove affluivano folle di malati, soprattutto affetti da ergotismo canceroso conosciuto come ignis sacer (fuoco sacro) per il bruciore che provocava. Fu costruito anche un ospedale e nacque l'Ordine Ospitaliero degli "Antoniani"; il villaggio prese l'attuale nome di
Saint-Antoine l'Abbaye, non lontano da Grenoble (dipartimento dell'Isère).
L'ultima tappa del viaggio delle reliquie fu ad opera di tale Geilin (o Jocelin)
signorotto della regione francese del Delfinato, ai piedi delle Alpi, che
verso il 1070 le ebbe in dono a Costantinopoli; ma c'è chi dice che Geilin portò
le reliquie dall'Egitto.
E arriviamo al maialino che nell'iconografia classica accompagna Sant'Antonio abate, da solo o con altri animali: la faccenda deriva dal privilegio accordato dal Papa di allevare maiali a carico della comunità, per cui i maialini - riconoscibili da un campanellino - circolavano liberamente ovunque, rispettati da tutti.
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Saint-Antoine-l'Abbeye (Isère) |
Il grasso dei maialini veniva usato per curare l’ergotismo, che veniva chiamato "il male di Sant'Antonio" e poi "fuoco di Sant'Antonio" e che all'epoca veniva accumunato con il simile ma meno pernicioso herpes zoster.
Ecco perché nella tradizione popolare il maiale venne associato al Santo, il
quale finì per essere considerato il patrono dei maiali e più genericamente degli animali da cortile e da stalla, che vengono infatti benedetti in occasione della ricorrenza del 17 gennaio
(oggigiorno anche gli animali "di affezione").
La benedizione degli animali a Cornaredo in un servizio fotografico del 2010
Per estensione Sant'Antonio è considerato il protettore degli allevatori dei maiali (compresi i macellai), nonché di quanti lavorano con il fuoco per via della faccenda, cui si cennava sopra, del fuoco di Sant'Antonio.
E il fuoco è entrato nella millenaria tradizione secondo la quale il 17 gennaio nelle campagne si accendono "falò di Sant'Antonio", con una funzione purificatrice e fecondatrice (ma in passato se ne raccoglieva con cura la cenere per più pragmatici usi casalinghi).
I luoghi che in Italia hanno Sant'Antonio Abate come patrono sono un'ottantina; fra questi spicca quello che ha assunto pure il nome "Sant'Antonio Abate" sviluppatosi attorno all'antico "Borgo di Sant'Antuono" (nel Napoletano). "Antuono" è infatti il nome spesso utilizzato nel Meridione per il Santo chiamato anche Sant'Antonio il Grande, Sant'Antonio d'Egitto, Sant'Antonio del Fuoco, Sant'Antonio del Deserto o Sant'Antonio l'Anacoreta.
Il nome Antuono utilizzato nel Meridione deriverebbe da una leggera storpiatura del vocabolo francese Antoine, che si legge appunto
"antuàn".
Curiosità. Taluno chiama "porcellini di Sant'Antonio" certi animaletti che con i porcellini
non hanno davvero nulla a che vedere: si tratta di piccoli crostacei di terra, molto comuni, che vivono in zone umide sotto le pietre nutrendosi di materiale in decomposizione; se minacciati si arrotolano a mo' di pallina (nome vero: isopodi terrestri, dei quali esistono moltissime varietà).
Nella nostra chiesetta di Sant'Apollinare è visibile quello che resta di un bell'affresco con il Santo (sotto, a sin.); la foto sotto al
centro è del busto-reliquiario che viene esposto occasionalmente in chiesa
Santi Giacomo e Filippo (la reliquia inserita è però di Sant'Antonio Maria Zaccaria, sacerdote cremonese vissuto nel 1500);
davanti a questo però c'è il reliquiario del protettore degli animali, ed è
proprio questo che viene presentato per la loro benedizione, sul sagrato
(l'immagine a destra ne è un particolare).
Sotto: il dipinto su muro presente nella Cascina Barattieri.
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