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San Biagio

 
San Biagio
vescovo e martire
- memoria: 3 febbraio -
 

 

Nella tradizione Biagio viene indicato come vescovo di Sebaste, nella provincia romana dell'Armenia, nel periodo in cui cessarono le grandi persecuzioni verso i Cristiani in seguito all'Editto di Milano (anno 313) con il quale l'imperatore Costantino aveva concesso libertà di culto.
L'editto era stato promulgato dopo la celebre battaglia di Ponte Milvio vinta contro il rivale Massenzio; si racconta che prima dello scontro Costantino avrebbe visto in cielo una Croce accompagnata dalla frase "In hoc signo vinces" (cioè: "con questo Segno vincerai").
L'episodio di Ponte Milvio è raffigurato nel grande affresco dietro l'altare nella chiesa di Cascina Croce (a destra del dipinto è Sant'Elena, madre di Costantino), ora coperto (da ­undici anni) dalla grande tela Cristo in croce con la Madonna, Sant’Antonio e Angeli, recuperata dall'oratorio dell'ex palazzo Dugnani, demolito negli anni '50.
Sebaste corrisponde all'attuale Sivas nella Turchia centro-orientale; per quanto riguarda la provincia romana dell'Armenia nulla a che vedere con l'attuale Armenia perché la provincia romana che portava quel nome era molto più vasta della repubblica caucasica che conosciamo ora.
Eppure il vescovo Biagio morì martire nel 316 (più o meno), decapitato, si dice dopo essere stato straziato con i particolari pettini di ferro utilizzati per cardare la lana.
L'accaduto non ci è chiaro (perché martirizzato malgrado fossero ufficialmente cessate le persecuzioni verso i Cristiani? e per di più in uno Stato che da pochi anni - primo al mondo - aveva adottato il Cristianesimo come religione di Stato?) ma una spiegazione potrebbe essere nelle lunghe e aspre lotte per il potere seguite al fallimento di quel macchinoso sistema noto come Tetrarchia pensato dall'imperatore Diocleziano; lotte che vedevano in particolare l'imperatore di Occidente Costantino opposto al "collega" di Oriente Licinio (anch'esso firmatario dell'Editto di Milano assieme a Costantino). In quel marasma succedeva di tutto ed ecco - forse - perché in quel periodo molti Cristiani furono martirizzati o condannati a lavori forzati o ebbero le chiese distrutte.
Tuttavia l'episodio più noto della vita di Biagio è - secondo la tradizione - la guarigione prodigiosa di un bambino che stava per essere soffocato da una lisca conficcata nella sua gola; una versione ci racconta che Biagio fosse riuscito a "catturare" quella lisca con una mollica di pane raffermo, memore delle sue cognizioni di medico (qual'era prima di essere eletto vescovo a furor di popolo, quando ancora non era battezzato, un po' come poi successo anche a Sant'Ambrogio). Ma quella mollica l'aveva benedetta, quindi la gente la considerò "miracolosa"; da qui la venerazione del Santo come "protettore della gola" e il rito della “benedizione della gola”, impartita poggiandovi due candele incrociate (il particolare delle candele prenderebbe origine - secondo una tradizione - dalla candela che la madre del bambino salvato avrebbe donato a Biagio per illuminare la cella dove lui era rinchiuso).
Nel 732 alcuni Cristiani armeni vollero portare le reliquie di Biagio a Roma, ma una tempesta li fece approdare a Maratea, nel golfo di Policastro, i cui abitanti pensarono di erigere una cappella in cima al monte che domina il paese, ribattezzato con il nome del Santo; e lì custodire le reliquie.
San Biagio è protettore anche dei cardadori e materassai (ove esistono ancora) evidentemente per via dello strumento che era stato usato per martirizzarlo.
 


Preghiera a San Biagio
O Glorioso San Biagio,
per tua intercessione
     fu restituita la salute a un bambino     
che stava per morire
a causa di una spina di pesce
che gli attraversava la gola
dona a noi tutti
la grazia di ricevere i tuoi benefici
in tutti i mal di gola,
e fa che sia la nostra bocca
a difendere la verità della fede
tanto offuscata
dai mali dei giorni nostri.
Amen


Il nome "Biagio" è naturalmente frequente nella toponomastica italiana - in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti - ma anche in giro per il Mondo.
A Maratea oggi in luogo della cappella sul monte vi è una basilica (v. a destra); una grande festa (otto giorni) ricorda il Santo, festa che non coincide con la ricorrenza del 3 febbraio ma si svolge in maggio e viene curiosamente chiamata "San Biagio va per la terra."
È fin troppo banale rammentare la tradizione milanese secondo la quale per la ricorrenza del 3 febbraio si mangia il "panettone di san Biagio", cioè quello avanzato dalle feste natalizie appena trascorse.
Ma che c'entra San Biagio con la faccenda del panettone di Milano, lui che a Milano manco c'era mai stato? C'entra. O almeno c'entra se prendiamo per buona la storia di una donna che portò un panettone (ormai "inventato") a un certo Frate Desiderio perché lo benedicesse; il frate in quel momento aveva da fare e disse alla donna di lasciarlo e di ripassare poi. La donna si dimenticò di tornare e il buon fra' Desiderio si mangiò il panettone, sicché quando finalmente la donna tornò c'era rimasto solo l'involucro. Ma questo era misteriosamente tornato pieno di un panettone più grosso di quello mangiato dal frate. Si gridò al miracolo. E siccome era il 3 febbraio il miracolo fu attribuito a San Biagio.
Molti Milanesi presero a portare i loro panettoni a benedire sperando di vederli aumentare; Desiderio li benediva, ma raccomandava anche di lasciar da parte un po' del panettone delle feste per mangiarlo il 3 febbraio. E ancora oggi è uso mangiare il panettone avanzato, anche se non benedetto, in occasione della "memoria" del Santo.


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aprile 2013  (pag. 3003) - invio alla redazione di segnalazioni su questa pagina -
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