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San Martino
(Saint-Martin de Tours)
vescovo
- memoria: 11 novembre -
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Viene subito in mente la faccenda del mantello, simpatica, emblematica, ma un po' riduttiva; Martino è uno dei più noti santi dell'antichità che dà il nome a migliaia di luoghi in giro per il mondo; in Francia (dove visse e "lavorò" maggiormente) più di duecento comuni portano il suo nome e
non meno di quattromila chiese sono intitolate a lui, senza contare che
"Martin" è il cognome più diffuso (un po' come il nostro Rossi). Ma anche da noi non occorre andare lontano: basta muovere un passo verso ovest e troviamo il paese di San Martino di Bareggio o.... semplicemente
.... restare all'indirizzo della nostra Parrocchia di Cornaredo (via San Martino 2, appunto).
Martino nacque nel 316 o nel 317 a Sabaria in Pannonia, l'odierna Szombathely in Ungheria (sono trascorsi qualche cosa come 1707÷1708 anni); suo padre era un Tribuno Militare dell'Impero Romano originario di Pavia (un
alto funzionario in missione, insomma).
Il mestiere del padre dà credito all'ipotesi che il nome Martino fosse stato scelto in onore di Marte, il dio della guerra per gli Antichi Romani.
La Pannonia era una vasta regione che comprendeva ciò che oggi sono l'Ungheria occidentale, l'Austria
orientale e porzioni di Croazia e Serbia.
La sua vocazione verso il Cristianesimo lo aveva portato a convertirsi sin dall'adolescenza irritando il padre che appena poté lo avviò alla carriera militare
perché seguisse le sue orme. E siccome il padre era "qualcuno", a Martino toccò subito il grado di circitor con un "soldo" doppio.
Il compito di circitor era la guida della ronda di notte e l'ispezione dei posti di guardia; ed è durante uno di questi giri di ronda che Martino incontrò un poveretto coperto solo di pochi stracci mentre faceva un freddo cane. Martino non poteva dare
all'uomo nemmeno un soldo perché si comprasse di che vestirsi; non poteva perché aveva già dato via tutto quello che aveva
e malgrado
la buona paga era rimasto al verde. E allora con un colpo della sua spada tagliò a metà il suo bel mantello foderato di pelliccia e ne donò una
parte all'uomo. L'episodio avvenne
presso la città francese di Amiens forse nell'anno 338. (a fianco: un curioso quadro di El Greco, ora alla National Gallery of Art di Washington, curioso perché il pittore riveste il santo con un'armatura "da signori" della propria epoca - secc. XVI-XVII -, cosa peraltro non rara nel mondo dell'arta.
La tradizione vuole che subito dopo il clima si fosse addolcito, premiando con qualche giorno di tepore il soldato Martino che
per carità si era alleggerito non di poco: e fu l'estate di San Martino.
Nella notte successiva all'incontro, a Martino apparve in sogno Cristo con le sembianze di
quel povero rivestito del suo mantello che diceva ai suoi angeli: "Ecco
qui Martino, il soldato romano che non è battezzato: egli mi ha
vestito!" ; e al risveglio Martino trovò il suo mantello che era tornato intero.
L'indumento veniva chiamato cape (cappa) e in seguito
fu posto in un piccolo locale chiamato giustappunto "chapelle" esposto
alla venerazione dei fedeli e secondo alcuni studiosi quella sarebbe
l'etimologia della parola cappella che usiamo noi per indicare un
piccolo luogo di preghiera.
Ugo Capeto si sarebbe chiamato così proprio in grazia del fatto che fu proprietario e custode di quella cappella e con lui tutta la dinastia dei Capetingi
che regnò in Francia fino alla Rivoluzione Francese (e - brevemente -
anche dopo).
Ma viene da lì anche Cappella Musicale,
che in parole povere è un coro legato ad una
cattedrale, a una basilica o a un santuario (la Cappella Musicale del
Duomo è il più antico organismo culturale milanese); alla cura della cappa del santo erano
stati posti degli ecclesiastici cui competeva anche il canto liturgico
non accompagnato da strumenti e quindi detto "a cappella".
Ma torniamo al Santo. Anche dopo aver ricevuto il Battesimo (nel 339) Martino rimase nell'esercito per una ventina di anni durante i quali condusse una vita da buon cristiano e da buon camerata, dopodiché, ormai quarantenne, si decise a lasciare le armi e a diventare
monaco.
A quel periodo la tradizione ascrive un episodio - poco noto - che viene fatto risalire alla primavera dell'anno 354 durante la campagna contro i barbari Alamanni ad Augusta Vangionum (l'odierna Worms, in Germania, sul Reno). Essendosi rifiutato di uccidere, pensò di difendersi dall'accusa di viltà offrendosi come scudo umano, affidandosi alla protezione divina; in effetti gli Alamanni
non lo uccisero e chiesero la pace.
Invero pace effimera, perché tre anni dopo si tornò a combattere vicino ad Argentoratum
(oggi Strasburgo); ma stavolta Martino non c'era.
Come ufficiale era tenuto a possedere uno schiavo, ma sappiamo che Martino lo considerava come un fratello, tanto che lo faceva sedere a tavola con lui (cosa inaudita) e persino lo aiutava quando era stanco o in difficoltà.
(a fianco: l'episodio del mantello in un affresco di Simone Martini
della basilica inferiore di San Francesco ad Assisi)
Dopo aver lasciato l'esercito, Martino si stabilì a Poitiers (all'epoca Pictavium) presso il vescovo Ilario (santo e dottore della Chiesa), che già aveva conosciuto in precedenza e che stava evangelizzando quella zona. Ilario lo ordinò esorcista cosa che
a Martino non piaceva granché, ma che tuttavia gli permise di dedicarsi agli studi religiosi sotto la guida di un grande maestro.
Martino tornò in Pannonia perché aveva sognato di convertire i vecchi genitori che stavano ancora laggiù ma la missione
gli riuscì solo per metà: il padre rimase ostinatamente
legato agli dèi pagani, anche per via della sua posizione sociale.
A Martino guai
seri vennero dall'avanzare dei sostenitori dell'arianesimo; fu
costretto a peregrinare prima a Milano e poi in Liguria, nell'isola di Gallinara, finché sia lui sia Ilario
(che si era rifugiato in Frigia, regione al centro dell'odierna Turchia) riuscirono a tornare a Poitiers dove finalmente l'ex-soldato fu ordinato prete.
Nel 325 il Concilio di Nicea - primo nella storia della Chiesa - aveva condannato l'arianesimo che, ricordiamo, negava la natura divina del Cristo ("della stessa sostanza del Padre").
Ilario mise a disposizione di Martino una vecchia costruzione
e lui vi fondò il primo monastero poi divenuto noto come Saint-Martin de Ligugé, presso Vienne, considerato il più antico monastero
dell'Occidente; qui rimase una decina di anni e compì i primi miracoli che gli vengono attribuiti,
fra i quali rammentiamo la guarigione degli occhi di san Paolino da
Nola, considerato l'inventore delle campane.
Lasciò Ligugé nel 371 quando gli abitanti di Tours lo acclamarono vescovo, contro la sua volontà (quella brava gente giunse addirittura a rapirlo); contrari
erano anche i vescovi vicini che non trovavano decoroso il suo modo di vivere e di vestire,
estremamente modesto. Era - forse - il 4 luglio 371 (la data potrà anche non essere esatta, ma di certo siamo attorno a milleseicentocinquantatre anni fa).
Infatti anche da vescovo il modestissimo suo
tenore di vita non cambiò;
nel nuovo monastero che fondò, a Marmoutier (Maius Monasterium, il primo luogo per
l'istruzione del clero in Francia) impose povertà, mortificazione e preghiera. I monaci dovevano vestirsi di panni grezzi sul modello di San Giovanni Battista, che vestiva di pelo di cammello; copiavano manoscritti e pescavano nella Loira vivendo in rifugi modestissimi sulla sponda del fiume.
Successore di San Martino a Marmoutier fu Brizio,
vescovo e santo anche lui; un altro dei discepoli che si era distinto per la selezione dei candidati alla vita religiosa fu canonizzato anch'esso: è san Chiaro di Tours.
(a fianco: i funerali di San
Martino in un affresco di Simone Martini nella basilica inferiore di San
Francesco ad Assisi)
Attivissimo e battagliero come lo era stato il suo maestro
Ilario, Martino non si contentò di starsene nella sua città, ma batté
costantemente le campagne ancora pagane per portarvi la parola di Dio;
battagliero per forza, perché mica si limitava a fare apostolato... si
batteva per difendere sia i deboli contro i "più forti" sia
i poveri contro lo strapotere del fisco
romano.
Morì l'8 novembre del 397 a Candes, un minuscolo agglomerato
lungo la Loira che - manco a dirlo - oggi si chiama Candes-Saint-Martin; le sue spoglie furono oggetto di disputa fra gli abitanti di Poitiers
e quelli di Tours. Furono questi
ultimi che sottrassero il corpo e lo portarono nella loro città lungo
i fiumi Vienne e Loire; si racconta che al loro passare le sponde dei due
fiumi si riempirono di fiori malgrado si fosse in novembre (ed è da qui
che nasce la versione francese dell'estate di San Martino).
Per Quaresima di San Martino nella tradizione ambrosiana si
intende invece l’Avvento, perché prende inizio la domenica successiva
all’11 novembre, appunto festa di San Martino (11 novembre perché giorno della sua
sepoltura).
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San Martino è patrono dei soldati e delle città - fra l'altro - di Magenta, Belluno,
Sesto Fiorentino, Magonza (Germania), Utrecht (Olanda) e naturalmente di Tours. Non è invece corretta l'informazione che si trova in giro che sia patrono di Lucca, benché il Duomo della città toscana sia intitolato a lui (che i Lucchesi preferiscono chiamare semplicemente "San Martino"
e mai "Duomo"). Anche la Guardia Svizzera pontificia lo ha come santo protettore unitamente a San Sebastiano e San Nicola di Flüe
(patrono della Svizzera).
Alla grande diffusione del nome del Santo non fanno però riscontro grandi
feste, soprattutto in Italia, ma ve ne sono molte di importanza locale,
spesso legate all'agricoltura; fra le varie tradizioni la più curiosa è certamente quella che in
Germania e in Austria vuole che per la ricorrenza si mangi oca arrostita
(la MartiniGansl); in Svizzera
la si farcisce di fettine di miele.
La cosa nasce dalla leggenda secondo la quale Martino - celatosi in una
fattoria per sfuggire a quelli che lo volevano nominare vescovo - fu
tradito proprio dallo starnazzare di un gruppo di oche spaventate dalla
sua presenza; quindi le mangiate di oggidì sarebbero una sorta di
"punizione" verso i pennuti...
Scultura situata davanti alla Certosa di San Martino a Napoli,
opera di Pietro Bernini, padre del più celebre Gian Lorenzo (quello del
colonnato di San Pietro).
Qualche cosa del genere c'è (o c'era) anche nelle nostre campagne, legato all'abbondanza richiamata dall'oca a tavola (e al vino nuovo). Ad esempio in Abruzzo si dice "Ce sta lu sante Martino" quando in una casa non manca roba da mangiare e in Romagna "Par Sa' Marten u s'imbariega grend e znèn" (per San Martino s'ubriaca il grande e il piccino). In Veneto si fa scaramanzia con "Chi no magna l'oca a San Martin nol fa el beco de un quatrin!".
A Morsano al Tagliamento (Pordenone) vanno avanti diversi giorni con la loro Sagra dell'Oca, riempiendosi la pancia con un mucchio di ricette
differenti in onore del patrono San Martino.
Di tradizioni legate alle oche ce ne sono numerose altre, però non connesse al santo di Tours.
In alcune regioni - compresa la nostra - l'anno lavorativo in campagna
terminava per la ricorrenza di San Martino (ma anche l'anno dei tribunali e
nelle scuole); era il momento in cui "il padrone" chiedeva
ai contadini di restare anche per l'anno successivo, altrimenti questi
erano costretti ad andarsene, a cambiar casa, cioè a
"fare San Martino", modo di dire
che è poi passato anche alla città con il significato di traslocare e
che qualche volta si usa ancora. L'uso di far terminare l'esercizio commerciale
all'11 novembre era stato adottato anche in tempi recenti da molte
aziende agricole, ma è poi scomparso per motivi pratici.
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LE IMMAGINI
Va da sé che San Martino è "il santo del mantello" anche
nell'iconografia. Accanto al titolo è la celebre statua che si trova
sulla facciata del Duomo di Lucca (intitolato a San Martino, a fianco), statua che in realtà è una copia
dell'originale - di Guidetto da Como - collocato all'interno della
chiesa stessa.
Ma l'immagine di San Martino con il povero è approdata anche
nell'araldica. Un esempio? Che poteva mai esserci nello stemma del comune di San Martino d'Agri
(nel Potentino)? Eccolo, a destra.
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