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Settimana Autentica
(la settimana che precede la Pasqua)
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Nei più antichi documenti della liturgia ambrosiana la Settimana che precede la Pasqua è chiamata Settimana autentica. L’interpretazione che di questo termine viene data oscilla fra i seguenti significati: «settimana eminente» fra tutte le settimane dell’anno liturgico, «settimana tipica o normativa» sulla quale è stata modellata ogni altra settimana dell’anno liturgico, «settimana dell’offerta sacrificale» che il Signore ha fatto di se stesso nella Pasqua. Cuore e vertice della Settimana santa
e dell’intero anno liturgico è il sacro Triduo pasquale, che si apre con la
Messa in Cœna Domini.
La liturgia ambrosiana include questa particolare celebrazione eucaristica all’interno dei Vespri e già nell’inno iniziale ricorda il tradimento di Giuda e il clima sinistro di quella notte in cui il Salvatore fu consegnato in mano ai peccatori. Sono temi questi che ricorrono insistentemente anche nel successivo
responsorio, nell’orazione iniziale della Messa, nei canti fra le letture e
nell’antifona dopo il vangelo. In effetti la Messa «in Cœna Domini»
ambrosiana si caratterizza più come primo atto commemorativo della Passione
del Signore che non come ricordo "autonomo" dell’istituzione dell’Eucaristia.
Ne è coerente riprova il fatto che, come
brano evangelico, venga proclamata la prima sezione della Passione secondo
Matteo, dall’ultima Cena fino al rinnegamento di Pietro. Anche le altre
letture si inseriscono in questa logica: in particolare la lettura
antologica del libro del profeta Giona propone la singolare vicenda di un
uomo rimasto tre giorni e tre notti nel ventre di un pesce prima di essere
restituito alla luce, vicenda che lo stesso Signore Gesù nel vangelo indicò
come «segno» profetico del mistero della propria morte e risurrezione
(cfr. Mt. 12,40).
Se la celebrazione vespertina del
Giovedì santo commemora il primo atto della Passione del Signore, quella
vespertina del Venerdì ne è la naturale continuazione nonché il
compimento, e trova il suo vertice nell’annuncio della morte di Cristo in
croce. Al rito del lucernario, segue la liturgia della Parola, che
prevede la proclamazione di due pericopi tratte dal libro del profeta Isaia,
nelle quali viene presentata alla riflessione della Chiesa la figura
misteriosa del «Servo di Dio schiacciato per le nostre iniquità»,
quale prefigurazione profetica della Passione di Cristo (capp. 49, 50 e 53
passim).
Lucernario o anche rito della luce: è caratteristico di celebrazioni vigiliari ambrosiane, quando la processione con il celebrante all'inizio della Messa entra in chiesa al buio e con i cantari spenti, con una sola lanterna accesa con la quale il celebrante accende i cantari; con la stessa fiamma vengono poi accesi anche i ceri dell'altare. Il rito si conclude con l'inno. Nel rito romano una procedura simile si svolge solo una volta all'anno.
Perìcope: breve passo estratto, quasi ritagliato, da un testo; il termine si usa soprattutto nella critica neotestamentaria a proposito di passi dei Vangeli isolati. Preconio: preghiera di lode cantata. La lettura della Passione secondo
Matteo riprende dal punto in cui era stata interrotta il giorno prima e prosegue fino al momento della sepoltura del Signore.
Tuttavia quando il brano evangelico giunge all’istante in cui Gesù spirò in
croce, la proclamazione si sospende: in segno di lutto tutti i lumi della
chiesa vengono spenti, viene tolto ogni addobbo dall’altare e tutti sostano
qualche istante in adorante silenzio.
Veronese (Paolo Caliari), il Calvario
olio su tela (1580), Museo del Louvre, Parigi Anche le campane suonano a morto, e da quel momento fino all’annuncio
della risurrezione nella Veglia pasquale resteranno “legate”.
Segue l’adorazione della Croce al canto suggestivo dell’antifona «Ecce
lignum crucis» e, a conclusione della celebrazione, la grande preghiera
universale, nella quale la preghiera della Chiesa raccolta ai piedi della
Croce sembra quasi allargarsi fino ad abbracciare il mondo intero.
Va ricordato inoltre che il Venerdì
santo ambrosiano (come del resto ogni altro venerdì di Quaresima) è
rigorosamente aliturgico, cioè privo della comunione eucaristica.
Anche il Sabato santo è giorno
aliturgico: è infatti interamente riservato al silenzio davanti al sepolcro
di Cristo e all’attesa orante della risurrezione del Signore.
Dopo il tramonto si celebra la Veglia pasquale, tra
tutte le veglie liturgiche la più santa e la più solenne. Essa inizia con la
benedizione del fuoco, al quale viene poi acceso il cero pasquale, alla cui
luce si svolge la processione di ingresso all’altare. Segue il canto solenne
del Preconio pasquale, un
antico testo poetico, tipico della tradizione ambrosiana, che ci offre, per
così dire, la chiave di lettura dell’intera Veglia.
Il mistero pasquale di Cristo vi è
presentato sinteticamente a partire dalla rilettura di tutta la storia della
salvezza. Interessante è l’interpretazione che il Preconio ci offre del
simbolismo del cero pasquale e che permette di comprendere la
struttura stessa della Veglia ambrosiana: esso raffigura infatti la
«colonna di fuoco» che, come guidò l’antico Israele verso la liberazione,
così guida «i redenti alle acque che danno salvezza», con esplicito
richiamo alla rinascita battesimale; oppure – continua il Preconio –
esso richiama la stella dei Magi che, come guidò i primi pagani alla
fede nel vero Dio, così, in questa notte, guida i credenti all’incontro con
Cristo risorto.
Nell’attesa di incontrare Cristo risorto
la Chiesa, nella prima parte della Veglia, vive la sua fase di preparazione
attraverso la lunga catechesi biblica tratta dai due Testamenti.
Alla catechesi dell’Antico Testamento
segue l’annuncio della risurrezione: il sacerdote canta per tre volte e
in tono sempre più alto, dai tre lati dell’altare, le parole «Christus
Dominus resurrexit!», a cui i fedeli rispondono «Deo gratias!».
Subito l’organo suona e vengono “sciolte” le campane della chiesa; quindi la
liturgia continua con la catechesi neotestamentaria.
L’incontro con Cristo risorto si compie
poi e si perfeziona nella parte più propriamente sacramentale della Veglia:
prima il Battesimo e poi la partecipazione all’Eucaristia.
La struttura e la dinamica interna del
Triduo pasquale ambrosiano permettono alcune considerazioni di un certo
interesse circa la determinazione cronologica dei tre giorni più importanti
dell’anno liturgico.
Concludendo, e nello stesso tempo riprendendo una terminologia tradizionale
di ascendenza agostiniana, potremmo dunque dire che il Triduo pasquale
ambrosiano mette in evidenza chiaramente e con perfetta coerenza liturgica
tale successione di tempi: dalla celebrazione vespertina del Giovedì santo
fino a quella del Venerdì santo inclusa decorre il primo giorno del Triduo,
quello del «Christus patiens»; dal Venerdì santo sera fino all’inizio
della Veglia pasquale esclusa decorre il secondo giorno, quello del «Christus
dormiens»; infine dalla Veglia pasquale ai secondi Vespri della Domenica
di Pasqua decorre il terzo giorno, quello del «Christus resurgens».
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marzo 2011 (pag. 3125) |
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