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Trasfigurazione
del Signore
festa: 6 agosto
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![]() La nostra è una preghiera. |
Nella tradizione bizantina la Trasfigurazione del Signore è una delle grandi feste del calendario liturgico. La festa della Trasfigurazione del Signore, celebrata il 6 agosto, nella seconda metà del VII secolo venne commentata da Anastasio il Sinaita, vissuto nel Sinai come monaco.
L’esegeta inizia l’omelia con un elogio del monte Tabor, dove avviene l’episodio evangelico: «Quanto è terribile questo luogo! Mi viene da gridare come Giacobbe, nel giorno della festa di questo monte. Come lui, vedo anche io una scala che sale dalla terra al cielo, poggiata sulla cima di questo monte. Anche io dico: Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo».
La grandezza del monte come luogo santo e nuovo Sinai è nella testimonianza del Padre e nella manifestazione del Figlio, sole di giustizia. (...) Anastasio associa alla gioia del monte Tabor quella di tutta la creazione: le altre montagne esultano, le colline si riempiono di fiori e foreste, i ruscelli fanno risuonare la loro voce di lode nell’acqua e gli uccelli i loro cinguettii.
E aggiunge una frase che offre la chiave ecclesiologica: «Questa montagna è il luogo dei misteri, il posto delle realtà ineffabili, la roccia dei segreti nascosti e la sommità dei cieli».
Le preghiere si snodano in un continuo parallelo tra le teofanie veterotestamentarie e la trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor da una parte, e l’apparizione gloriosa di Mosè ed Elia e la presenza meravigliata e atterrita degli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni.
Questa doppia presenza viene messa in luce in modo speciale nel canone del mattutino della festa, un testo attribuito a San Giovanni Damasceno.
Prendendo spunto dei cantici dell’Antico Testamento che si trovano alla base di tutto il canone dell’ufficiatura bizantina, l’innografo mette in luce in primo luogo come la Trasfigurazione di Cristo viene prefigurata nelle teofanie veterotestamentarie: «Mosè, sul mare, vedendo un tempo profeticamente nella nube e nella colonna di fuoco la gloria del Signore, esclamava: Cantiamo al nostro redentore e Dio. Protetto dal corpo deificato come un tempo dalla roccia, il veggente Mosè, contemplando l’invisibile, esclamava: Cantiamo al nostro redentore e Dio. Sia sul monte della legge che sul Tabor ti sei mostrato a Mosè: ma un tempo, nella caligine, ora invece, nella luce inaccessibile della divinità».
Manuel Nin
(Manuel Nin: vescovo spagnolo collaboratore di papa Francesco, membro di talune commissioni in Vaticano)
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sul Monte Tabor, in Galilea
Sul Monte Tabor ora sorge una Basilica inaugurata nel 1924 ma che i Francescani
avevano iniziato ad "immaginare" sin dalla metà del 1800 studiando le rovine del passato.
Trovarsi nel luoghi che furono di Gesù è sempre una cosa speciale, ma quando si ascolta il Vangelo è un momento "di più" perché in luogo di "prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte" il celebrante dice "... e li condusse in disparte, su questo monte". Non è differenza da poco.
I Francescani sono da queste parti da ottocentosette anni, organizzati in una loro provincia tutta particolare che qui si chiama Custodia di Terra Santa e che opera in diversi Stati di questa parte del mondo; si occupano di tante cose, fra le quali ricerche storiche e archeologiche oltre che, ovviamente, custodia di molti luoghi santi.
Fu San Francesco a volere la "Custodia" (che allora si chiamava provincia di Oltremare guidata da frate Elia di Assisi); San Francesco stesso venne qui più volte.
La storia della presenza cristiana sul monte è infatti piuttosto tribolata: pare che già cinque secoli dopo Cristo vi fossero tre chiese realizzate dai Bizantini, presso le quali dimorò un buon numero di monaci (taluno accenna addirittura all'esistenza
di un Vescovado).
I Benedettini edificarono poi una loro Abbazia con altre costruzioni ed anche una cinta fortificata difensiva che tuttavia non impedì al Sultano Al-Malik di distruggere tutto (nel 1211-1212) e di costruire
in quel luogo una sua fortezza.
Un successivo Santuario cristiano fu anch'esso distrutto (dal Sultano Baibars, nel 1263), ciò che ridusse il monte all'abbandono per diversi secoli.
L'arrivo dei Francescani sul luogo viene datato nel 1631 (quindi sono lì da trecentonovantatre anni);
questi solo dopo un paio di secoli, come accennato in premessa, cominciarono a
progettare la basilica che c'è ora laggiù, ultimata nel 1924 su disegno dell'architetto
romano Antonio Barluzzi che dopo questa ha realizzato molte altre chiese (e un paio di ospedali) in Terra Santa.
![]() ![]() la parte terminale del viale che conduce alla Basilica; oltre il cancello (prima foto) è la zona affidata ai Francescani della Custodia di Terra Santa ![]() ![]() ![]() la facciata - si diceva sopra - ricorda le "tre tende" del Vangelo; in realtà le due strutture laterali racchiudono altrettante cappelle, cioè le "tende" di Elia e di Mosè (quella grande, al cetnro, è la "tenda" di Gesù).
![]() veduta aerea dal retro della basilica, all'estremità della spianata; si nota anche la grande finestra semicircolare della cripta Una curiosità poco nota: l'architetto Antonio Barluzzi teneva ben presente le particolarità dei luoghi e a queste adattava i suoi progetti; qui la grande "luminostà" di Cristo nella Trasfigurazione lo spinse ad utilizare delle lastre di alabastro per la copertura del tetto perché quel materiale consentiva una certa trasparenza ed una luminosità tutta particolare all'interno della chiesa.
Purtroppo però quel materiale si è rivelato poco resistente alle intemperie e all'usura del tempo, sicché è stato poi necessario sostituirlo con altro più "tradizionale". |
Corre l'obbligo di accennare al "perché il 6 agosto". Ai nostri occhi
infatti sembra assurdo che un episodio della vita di Gesù sia in
qualche modo messo in relazione con un evento bellico e per di più di
oltre 1400 anni dopo. Per capire bisogna cercare di calarsi nella
realtà del tempo di papa Callisto III che ha fissato la festa al 6
agosto.
Era accaduto che dopo la
conquista di Costantinopoli e la caduta dell'Impero Romano d'Oriente
il Sultano Mehmed II (Maometto II) salisse verso nord alla conquista
dell'Ungheria; per poterlo fare doveva innanzi tutto levare di mezzo la
fortezza di Belgrado (in magiaro: Nándorfehévár) posta sul confine (di allora), che quindi fu stretta
d'assedio dal suo esercito (1456).
Ovvio che in molti temessero che i Turchi
(mussulmani) risalendo la valle del Danubio dilagassero poi in Europa;
più di tutti era preoccupato il Papa che paventava addirittura la fine della
Cristianità. Principale obiettivo del suo breve pontificato fu infatti proprio
quello di indire una sorta di crociata per arrestare l'avanzata turca.
Il "suo uomo" sul terreno fu Giovanni da Capestrano (poi
Santo), un frate francescano che con un gruppetto di confratelli riuscì a mettere
insieme una
specie (bisogna dire così) di esercito formato essenzialmente di
contadini di quelle zone; e per quanto raccogliticcia quella "truppa"
fu importante.
Dovere di
cronaca impone di ricordare che le forze cristiane erano guidate dal nobile ungherese János Hunyadi
che, abbandonato dai suoi pari, aveva impegnato anche i propri capitali
nella difficile impresa di respingere le forze del Sultano; l'aiuto
ricevuto da Giovanni da Capestrano, che era anche suo consigliere, ebbe
una buona importanza.
Dicono le cronache che Giovanni - poi proclamato patrono dei Cappellani Militari - abbia addirittura guidato sul campo il suo sgangherato "esercito" spronandolo con parole di San Paolo. Durante l'assedio il Papa aveva ordinato la "campana di mezzogiorno" perché
il suo suono chiamasse i Credenti a pregare per la vittoria; in molti
luoghi le istruzioni del Papa arrivarono a campagna ormai conclusa e
allora "la campana di mezzogiorno" fu confermata in segno di festa (uso
che è rimasto nel
tempo). A Roma la notizia della vittoria arrivò il 6 agosto, dunque
Callisto pensò bene di ricordare lo scampato pericolo con una Festa
grande in quel giorno. Ed ecco il perché dello strano legame cui si cennava dianzi.
Callisto III va ricordato anche come colui che
ordinò un nuovo processo per Giovanna d'Arco, nel quale la ragazza venne a titolo
postumo scagionata dalle accuse di eresia che l'avevano portata al rogo
nel 1431.
Ai tempi delle beghe con l'imperatore Federico Barbarossa c'era già stato un antipapa che aveva assunto lo stesso nome Callisto III per quasi dieci anni per poi sottomettersi al papa legittimo Alessandro III. Storici moderni vogliono dire che i timori del Papa erano infondati perché, secondo loro,
le intenzioni dei Turchi si limitavano a fare di Belgrado una loro roccaforte
a difesa dei loro confini,
senza ulteriori mire espansionistiche. Sarà. Ma forse Callisto non ci aveva visto del tutto male se è vero che i Turchi tornarono poi alla carica non solo per prendersi Belgrado (nel 1521, Sultano Solimano il Magnifico) ma anche per prendersi il regno d'Ungheria e chissà che altro
ancora, se non fossero stati fermati dalla Lega Santa, una variegata armata cristiana tenuta insieme anche grazie alla diplomazia di papa Innocenzo XI (assedio di Vienna, posto nel 1683 dal Gran Visir Kara Mustafa).
Senza contare che lo stesso Mehmet II ci provò con lo sbarco presso
Otranto che iniziò con la distruzione di quella città (nel 1480 - vedi anche "i
Santi di Otranto"
![]() I Turchi utilizzavano molto le barche per spostare i loro
armati lungo il Danubio
sicché.... non è idea peregrina pensare che pensassero di risalirlo fino all'attuale
Germania.
NOTA
Il quadro centrale di questa pagina è la riproduzione di una pala d'altare di Raffaello Sanzio commissionatagli da Giulio de' Medici (poi papa Clemente VII) che lo voleva per la cattedrale di Narbonne (Francia meridionale) sua sede vescovile. Ma il quadro restò a Roma, donato dal Medici alla chiesa di San Pietro in Montorio ove fu posto sull'altar maggiore; fu
portato in Francia nel periodo napoleonico, come tante opere divenute preda dell'Imperatore francese, ma rientrò nel 1815 (seguito del Congresso di Vienna) per trovare collocazione nei Musei Vaticani.
La grande pala (2,78 x 4,05 metri, realizzata fra il 1518 e il 1520) raffigura in realtà due eventi narrati in successione dal Vangelo di Matteo: nella parte superiore la Trasfigurazione di Gesù dove Gesù perde la materialità e si trasforma in Divinità alla presenza di Mosè, Elia e dei tre Apostoli, in cima al monte Tabor. Nella parte sottostante, in primo piano, l'incontro degli Apostoli con il fanciullo ossesso che verrà miracolosamente guarito dal Cristo al suo ritorno dal monte.
Il quadro fu completato da Raffaello il giorno prima della
sua morte e fu utilizzato subito per il funerale dell'artista; è considerato una delle sue opere migliori. [torna su]
LE IMMAGINI ACCANTO AL TITOLO
A sinistra del titolo un particolare del dipinto di Raffaello di cui sopra. A destra la Trasfigurazione in un affresco del Beato Angelico conservato al Museo Nazionale San Marco di Firenze. Alle figure dei tre Apostoli e ai volti di Mosè e Elia, il
pittore aggiunse le figure della Madonna e di San Domenico ai lati dell'affresco, benché nessuno dei due sia presente nei racconti evangelici (San Domenico manco era nato...)
VICINO A NOI c'è un grande mosaico che il Gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik ha realizzato pochi anni fa nel presbiterio della chiesa dei Santi Giovanni e Giacomo a Milano (via
Giuseppe Meda) che riportiamo qui sotto (privo però delle due piccole "ali" che raffigurano la Madonna e l'Angelo).
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luglio 2022 (pag. 3129) |
- invio alla redazione di segnalazioni su questa pagina -
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gr. 3747 |