Chiesetta di Sant'Apollinare

 
La parete svelata
Il restauro della parete sud della chiesetta
di Sant’Apollinare
- Gabriella Mantovani -
Restauratrice Beni Culturali


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Il restauro della parete sud di Sant’Apollinare rappresenta la realizzazione di un progetto nato alla fine degli anni ’90, quando, su commissione del Ministero dei Beni Culturali e tramite l’interessamento della sezione locale di Italia Nostra, fu affidato alla restauratrice Gabriella Mantovani uno studio per verificare la presenza di decorazioni murali nascoste sotto strati di tinte e intonaci soprammessi.
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Erano già a vista alcune porzioni delle figure di tre santi: Antonio Abate, Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria.
L’estensione delle indagini (tasselli stratigrafici in profondità e analisi chimica di alcuni campioni di colore) ha portato alla luce altri dettagli che lasciavano ipotizzare la presenza di una rappresentazione tre-quattrocentesca più ampia e meritevole di essere esplorata.

nelle foto: la parete intera prima dell'intervento e i tasselli strtigrafici condotti per l'immagine preliminare.


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La perseveranza ha premiato l’attesa: dopo più di 20 anni la Parrocchia, grazie al contributo di Regione Lombardia, ha trovato le risorse per avviare concretamente questo recupero decorativo, la cui fase più importante e delicata è sicuramente da considerarsi il descialbo: ovvero, la rimozione meccanica e chimica degli innumerevoli "scialbi" stratificatisi nel corso dei secoli sulle antiche pitture.

nella foto: la parete durante i lavori di restauro, dopo l'eliminazione degli strati di pittura e intonaci soprammessi alle antiche pitture.

Al termine di questo paziente e minuzioso intervento di descialbo e pulitura superficiale, sono state riportate alla luce ampie aree di affresco ben conservate e sono state fatte interessanti scoperte sia in termini strutturali-costruttivi dell’assetto primitivo della chiesa sia delle decorazioni ad affresco.


La composizione decorativa della parete appare così:
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il trittico dopo il descialbo
Al centro si trova una sorta di trittico con le figure dei Santi Antonio Abate e Giovanni Battista inserite in un’esile cornice architettonica in stile tardogotico caratterizzata da pinnacoli e colonnine tortili terminate con una cuspide che racchiude la bellissima e inedita figura di un Cristo in pietà. Questa sorprendente scoperta bilancia in parte il vuoto lasciato dall’assenza della figura centrale della composizione (molto probabilmente un Sant’Ambrogio in cattedra), al posto della quale osserviamo un tamponamento di mattoni, la cui presenza ci ha indotto a pensare che questa porzione sia stata volutamente asportata in circostante non note.
Il ritrovamento dello stemma inserito nella raffigurazione riconduce la commissione del trittico alla nobile famiglia Balbi (scudo in campo d’oro con tre pesci uno sull’altro).
La presenza di un sarcofago dipinto nella parte inferiore della raffigurazione, invece, sembra evocare la morte di un personaggio di rilevo della famiglia dei committenti, il cui rango è sottolineato anche dalla presenza di un altro simbolo araldico, il cimiero, che si scorge nella nicchia inferiore a sinistra del sarcofago, seppure molto rovinato.
L’analisi stilistica colloca la raffigurazione del trittico entro i primi anni del ‘400 e rappresenta un importante tassello per la storia pittorica locale che la Soprintendenza milanese sta studiando per trovare legami con gli artisti attivi presso la corte del ducato di Milano.


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L’elegante figura di Santa Caterina d’Alessandria, invece, si pensa si stata inserita per onorare l’unione tra Giovanni Balbi e Caterina de Comite avvenuta nel 1464. Un’aggiunta successiva, quindi, che è stata recentemente attribuita alla mano di Gregorio Zavattari. L’elevata qualità stilistica della figura conferma l’importanza della commissione.
La figura è sormontata da un esuberante fregio floreale con racemi di foglie verdi intrecciati e intercalati a fiori sottilmente delineati, parte di un apparato decorativo che coinvolgeva tutta la navata, dal momento che ne rimane traccia anche a sinistra del trittico e in altri punti della chiesetta.

nella foto: Santa Catrina dopo il descialbo


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Sono stati rinvenuti anche i frammenti di una decorazione architettonica a finte colonne con scanalature nere che incornicia l’arco di accesso alla cappella dove è presente un ciclo pittorico del XVI secolo ancora da scoprire, che potrebbe essere legato alla figura della Vergine Maria.

nella foto: frammenti pittorici intorno all'arcone della cappella laterale, dopo il descialbo


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una delle due monofore
Grazie all’odierno intervento di restauro è stato possibile ricostruire alcune tecniche costruttive che caratterizzano la realizzazione della chiesetta nel suo assetto originario e nelle modifiche che si sono susseguite nel tempo.
Dopo la demolizione degli intonaci di rifacimento, per esempio, è emersa la muratura della parete realizzata con una tecnica sicuramente risalente al Medioevo, caratterizzata dall’assenza di un modulo definito e dall’utilizzo di materiali di recupero quali ciottoli, frammenti di tegole romane (embrici) e laterizi di varia pezzatura. Sono emerse anche due monofore che la sovrapposizione degli intonaci ci permette di collocare in un arco temporale precedente all’esecuzione degli affreschi stessi, che infatti sono stati impostati rispettando la presenza di questi elementi architettonici. Le finestrelle, in particolare, presentano alcune peculiarità interessanti: le fughe bianche ben stilate dei mattoni fanno capire che in origine dovessero essere volutamente a vista; la rigatura diagonale dei mattoncini cuneati era un dettaglio già in voga in età carolingia-ottoniana (X-XI sec.).
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